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Il Cairo, 19 marzo 2023 PDF Stampa E-mail
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Scritto da Maurizio Cazzaniga   
Domenica 19 Marzo 2023 18:27

Da Maurizio Cazzaniga

 

 Il Cairo, 19 marzo 2023. 


Patrick:” Tutto è successo tre giorni fa. Ero in un villaggio a 25 Km. da Goma, cittadina della Repubblica democratica del Congo dove vivevo, per suonare con il gruppo folcloristico di cui faccio parte e verso le 23.30 ho ricevuto una telefonata di un mio vicino di casa. Mi diceva di non tornare e di scappare perché erano arrivati i ribelli e sterminato tutta la mia famiglia, 27 persone”.
Chi mi parla è uno dei 680 profughi congolesi che hanno trovato rifugio provvisorio presso l’orfanotrofio Sanganiwa di Kigoma.

Non ci posso credere. Con un’aria smarrita mi ripete: “Si, sono arrivati i ribelli a Goma e l’esercito regolare è fuggito, tutti disertori. Io e tutta la mia famiglia, composta da 28 persone, vivevamo in un gruppo di case una accanto all’altra. Hanno ucciso mia moglie e i miei due figli e tutti gli altri miei famigliari. Si, 27 persone. Punizione etnica. Sono solo. Non so dove mi trovo, ho solo quello che indosso, hanno incendiato tutte le nostre case. Ho vuoti di concentrazione, straparlo. Sono al limite della pazzia. È sofferenza pura non avere nulla, soprattutto se penso agli affetti che più mi erano cari”. 

Insisto: “Ma sei proprio sicuro? Magari è una notizia che non risponde a verità”. 

Patrick parla con voce bassa, in un buon inglese, un cappellino con visiera, una camicetta di cotone verdognola. Ha un tatuaggio con qualcosa di scritto alla base del collo.
“Le nostre case erano alla prima periferia della città e sono state le prime ad essere attaccate. Ci sono le testimonianze di alcuni vicini ma anche delle riprese video che hanno trasmesso alla TV. Non so cosa farò. Sono disperato”.
Mi decido a guardarlo negli occhi. Sono buoni e venati con alcune strisce rosse di fatica. Ha 32 anni. Magro. Carnagione olivastra scura.

Ha preso una barca in Burundi seguendo un gruppo di rifugiati come lui, una sessantina, ed è arrivato a Kigoma, di cui non conosceva l’esistenza, e di notte hanno costeggiato il lago Tanganika per avere un riferimento visivo.

“Lo so che non ti è permesso uscire da qui ma adesso chiedo una deroga e andiamo a prendere qualcosa per te”.
I rappresentanti della UNHCR tentennano, he can ‘t, ma poi, con le mie insistenze, yes. 

Gli compro un paio di scarpe, una felpa, un dentifricio con spazzolino, una saponetta. Sceglie una sobria camicetta e mi chiede se può prendere dei biscotti e una bibita.
Il 27, da sempre il mio numero preferito dai tempi della prima volta nel 1981 a Las Vegas, comincio ad odiarlo. Mi frulla scavando nel mio cervello anche nella notte tribulata. 27. 27. 27. Antonella, Susanna e Luigi, nati il 27.
La prima cosa che faccio il giorno successivo, dopo una frugale colazione in Diocesi, è rivederlo.
Accenna un timido sorriso quando mi vede:
“Mi devono mandare delle fotografie da Goma ma non ho il cellulare. Posso dare il tuo numero?”

Ci appartiamo, accompagnati da sguardi sospettosi e insistenti. Scrive il mio numero su un foglietto.

“Potrebbero arrivarti le foto dei miei parenti…”.

Non è arrivato nulla nei due giorni successivi. Ho caricato con 5.000 scellini tanzaniani il cellulare di un operatore UNHCR che non aveva soldi per internet, ma la disponibilità ad aiutare Patrick. Nel lasciarci gli ho preso la spalla stringendola forte. 

Anch’io non avere nulla da darti. L’impossibilità. 


Ho lasciato la Tanzania, ma Kigoma è in me. Come Posadas. Giorni duri, ma anche un pomeriggio indimenticabile con padre Evaristo alla scuola Newman. Balli, scenette, discorsi; il massimo quando mi hanno fatto il regalo da mettere nella valigia, una capra, che dovevo imparare a mungere. 
Ora sono al Cairo, al centro dei salesiani, dopo un viaggio con sveglia alle tre di notte.

Il Cairo. Palazzi, case e edifici spruzzati di color sabbia, come se si volesse riportare il deserto nelle visuali quotidiane. Clacson a manetta, insistenti e inutili, tic collettivo. Sporca. Il Nilo ampio e lento. Vie a tema: quella di mastodontici motori, vestiti e manichini, datteri, carne avvolta da teli bianchi. Inquinamento dell'aria 12 volte maggiore rispetto alle indicazioni della OMS. Le persone attraversano strade, viette, autostrade, viottoli, senza strisce pedonali e dove capita.

I tuc tuc possono andare contromano. I taxi non costano nulla. Bevanda preferita: il tè.

Vado al mercato Khan el-Khalili. Prendo un caffè in un bar che ricorda i film di Bogart e la Bergman e acquisto alcuni regalini per il noi. Traffico caotico in una città di sedici milioni di abitanti.

Circa seicento studenti nel complesso scolastico dei salesiani, molti frequentano il corso di lingua italiana.

Non ho la quotidianità e la vedrò lunedì.
Ho la pace nel mio Paese e la vedrò lunedì.
La causa della mia persistente gioia addosso c'è e la vedrò martedì.

Ho avuto il dono divino del perdono e l'ho già esercitato, non ho aspettato lunedì.

Ho ricordato ancora le bellissime pagine delle "Memorie di Adriano" sul sonno e non mi hanno aiutato ad addormentarmi e lo spero lunedì.

Ho avuto una delusione e da lunedì non cambierò atteggiamento nei confronti delle necessità altrui.

Ho fiducia nell'amore e sono sempre alla ricerca di quella risposta che lunedì non avrò.

Lunedì rivedrò la bellissima collina accanto a casa che non segna i giorni, ma le tappe della mia vita.

 

Loro 27 non ci sono più e Patrick non li vedrà lunedì. 

Mai più, 27.
27. Ventisette. 27.

Maurizio

 

Punto a Capo -Via Solferino 2 -22060 Cabiate (CO)

Mail : puntoac@hotmail.it

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