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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Giovedì 30 Marzo 2023 06:22 |
Cabiate, 29/03/2023
Riflessioni.
Patrick mi è rimasto dentro.
27. Ventisette.
Oggi mi hanno riferito via WhatsApp che è stato trasferito in un campo profughi UNHCR vicino a Kasulu, sempre in Tanzania.
Ha la mia e-mail e spero mi scriva presto.
Ho preso nel frattempo contatti con la Comunità di Sant’Egidio a Roma per avere delle informazioni sulle procedure che si devono attivare per la richiesta di asilo politico. In questo caso penso di non avere alcun tentennamento nel cercare di aiutarlo.
Quando ho lasciato Kigoma il Vescovo Mlola mi ha informato che il prossimo Maggio sarà in Italia per una riunione con Papa Francesco e poi verrà a Cabiate. Sono davvero contento e farò in modo che abbia una degna accoglienza. Vorrei fargli concelebrare una Santa Messa nei boschi cabiatesi. Vi terrò informati.
Il mio appello per le borse di studio ai due orfani del Sanganiwa non ha raggiunto il suo obiettivo finale: per ora ringrazio Tiziana con Nevio, Linda, Nicoletta, Gabriella con Giovanni e Marina.
Spero che qualcuno nel periodo pasquale, spinto da spirito solidale, possa colmare ciò che manca con una donazione a Punto a Capo con la dicitura:
Donazione Liberale per Borse di studio a due orfani del Sanganiwa.
Indicazioni per il bonifico:
Punto a Capo ODV
Intesasanpaolo - Piazza Ferrari, 10 - Milano
IBAN IT46K0306909606100000072498
( tutti i dati sono reperibili comunque sul sito: www.puntoacapoassociazione.org
Sono orfani e con problemi fisici. Mi stanno molto a cuore.
Ricordo che Punto a Capo può rilasciare una dichiarazione che permette la detrazione fiscale dell’importo versato.
Sulla via del ritorno mi sono fermato al Cairo tre giorni.
Sono stato ospite dei salesiani e ho rivissuto l’oratorio. Il venerdì sera, giorno festivo in Egitto, circa 250 ragazzi chiassosamente si divertivano nell’immenso piazzale della scuola Don Bosco giocando a calcio, pallavolo, basket, calcio balilla, salto della corda.
Ping pong: io contro un egiziano quarantenne. 20 a 20 e poi…zac zac. Ha vinto l’Italia.
Visita alle piramidi di Giza, alla periferia del Cairo: imponenti, grandiose, interessanti, affascinanti. La Sfinge.Il Museo delle Mummie merita una visita, con Nefertiti e Ramses II.E anche il mercato Khan el-Khalili.
Dopo il pollo-pollaio ho ritrovato i miei sapori italici. Questa volta li ho davvero intensamente assaporati, non solo con le papille gustative ma anche coi neuroni del cervello.
Gorgonzola, cremoso e spalmato sui Bibanesi. Pizza napoli, con le briose alici. Spaghetti al ragù, quasi al dente tnx Lorena, e con il formaggio grana che mai può mancare. Vino, ragazzi, vino, Chianti, leggero e simpatico. Una bella scodella di caffelatte con fette biscottate e marmellata alla pesca senza zuccheri. Le Golia ( mio zio Sergio mi diceva: “Come facevi a individuare dove tuo papà Carletto aveva visto la partita dell’Inter a San Siro? Guardavi dove c’erano le carte verdi delle Golia, a centinaia…ahahah). Un creme caramel Elah su cui ho sbriciolato degli amaretti. Un nodino di vitello con un uovo all’occhio di bue. L’insalata russa e le lasagne della rosticceria di Mariano. Crespelle al prosciutto cotto. Gnocchi al pesto. Niente riso, please. Una birra gelata ( a Kigoma solo a temperatura ambiente e con sapore al limone). Un cannoncino, uno, del Rovagnati, con la sfoglia croccante e bruciacchiata. Un gelato fiordilatte e nocciola, bacio non c’era, degustato a Meda perché a Cabiate, cara Camilla, ancora non c’è una gelateria.
Ho masticato, triturato, deglutito il tutto piano piano. Rimurginato le assenze tanzaniane. Italia dei sapori, sei unica e ti amo.
Ah, devo ammettere che al Ristorante Cape Town di Zanzibar ho mangiato un antipasto di pesce, gamberetti freschi gratinati, veramente piattino super.
Tante cose vissute. La spiaggia di Nungwi. Lo sterrato per andare a Kahama. I rifugiati. Gli orfani. I ragazzi di Janda e Newman. Le assenze di noi e lei, la piccola, tatuata M. La Messa col regalo divino del perdono. La giornata con Ladislao sulle rive del lago Tanganika e le risate incessanti. Le due taxi-moto, please slow, i’ m a seventy year old. Gli estenuanti acquisti al mercato rionale con Kenneth e Yousef per le cene al Sanganiwa e alla scuola Newman. Scossoni sulle strade e paura per i miei reni coi calcoli di ossalato di calcio pronti a scendere dai calicetti. Una capra come regalo. I canti. Le vallate. Le persone che camminano ai cigli delle strade. La legna trasportata sulle biciclette. I sorrisi disarmanti e i malinconici silenzi. Il piacere di ricevere i messaggi dall’Italia che testimoniavano la vicinanza di alcuni di voi, che ringrazio davvero tanto. Il taglio dei capelli. La sete perpetua. Le suore premurose. La consolidata amicizia con Padre Evaristo. Il nascondersi del sole al tramonto dietro le nubi a forma di elefante.
Tanto vissuto. Tanto.
Ma la visita ai ragazzi del centro per diversamente abili vicino al Kabanga Hospital, con lo reclusione forzata degli albini e l’incontro con Janine, mi hanno veramente provocato una intensa commozione e evidenziato tutta la mia debolezza e impossibilità. I tuoi piedini. Schiaffo violento alla mia magnifica quotidianità.
“Batti batti le manine
che arriverà papà,
che porta i biscottini
ai poveri bambini
che stanno all’ospedale,
l’ospedale sta laggiù
dagli un calcio e buttalo giù.”
Buona Pasqua.
Maurizio |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Giovedì 30 Marzo 2023 06:14 |
Cabiate, 29/03/2023
Riflessioni.
Patrick mi è rimasto dentro.
27. Ventisette.
Oggi mi hanno riferito via WhatsApp che è stato trasferito in un campo profughi UNHCR vicino a Kasulu, sempre in Tanzania.
Ha la mia e-mail e spero mi scriva presto.
Ho preso nel frattempo contatti con la Comunità di Sant’Egidio a Roma per avere delle informazioni sulle procedure che si devono attivare per la richiesta di asilo politico. In questo caso penso di non avere alcun tentennamento nel cercare di aiutarlo.
Quando ho lasciato Kigoma il Vescovo Mlola mi ha informato che il prossimo Maggio sarà in Italia per una riunione con Papa Francesco e poi verrà a Cabiate. Sono davvero contento e farò in modo che abbia una degna accoglienza. Vorrei fargli concelebrare una Santa Messa nei boschi cabiatesi. Vi terrò informati.
Il mio appello per le borse di studio ai due orfani del Sanganiwa non ha raggiunto il suo obiettivo finale: per ora ringrazio Tiziana con Nevio, Linda, Nicoletta, Gabriella con Giovanni e Marina.
Spero che qualcuno nel periodo pasquale, spinto da spirito solidale, possa colmare ciò che manca con una donazione a Punto a Capo con la dicitura:
Donazione Liberale per Borse di studio a due orfani del Sanganiwa.
Indicazioni per il bonifico:
Punto a Capo ODV
Intesasanpaolo - Piazza Ferrari, 10 - Milano
IBAN IT46K0306909606100000072498
( tutti i dati sono reperibili comunque sul sito: www.puntoacapoassociazione.org
Sono orfani e con problemi fisici. Mi stanno molto a cuore.
Ricordo che Punto a Capo può rilasciare una dichiarazione che permette la detrazione fiscale dell’importo versato.
Sulla via del ritorno mi sono fermato al Cairo tre giorni.
Sono stato ospite dei salesiani e ho rivissuto l’oratorio. Il venerdì sera, giorno festivo in Egitto, circa 250 ragazzi chiassosamente si divertivano nell’immenso piazzale della scuola Don Bosco giocando a calcio, pallavolo, basket, calcio balilla, salto della corda.
Ping pong: io contro un egiziano quarantenne. 20 a 20 e poi…zac zac. Ha vinto l’Italia.
Visita alle piramidi di Giza, alla periferia del Cairo: imponenti, grandiose, interessanti, affascinanti. La Sfinge.Il Museo delle Mummie merita una visita, con Nefertiti e Ramses II.E anche il mercato Khan el-Khalili.
Dopo il pollo-pollaio ho ritrovato i miei sapori italici. Questa volta li ho davvero intensamente assaporati, non solo con le papille gustative ma anche coi neuroni del cervello.
Gorgonzola, cremoso e spalmato sui Bibanesi. Pizza napoli, con le briose alici. Spaghetti al ragù, quasi al dente tnx Lorena, e con il formaggio grana che mai può mancare. Vino, ragazzi, vino, Chianti, leggero e simpatico. Una bella scodella di caffelatte con fette biscottate e marmellata alla pesca senza zuccheri. Le Golia ( mio zio Sergio mi diceva: “Come facevi a individuare dove tuo papà Carletto aveva visto la partita dell’Inter a San Siro? Guardavi dove c’erano le carte verdi delle Golia, a centinaia…ahahah). Un creme caramel Elah su cui ho sbriciolato degli amaretti. Un nodino di vitello con un uovo all’occhio di bue. L’insalata russa e le lasagne della rosticceria di Mariano. Crespelle al prosciutto cotto. Gnocchi al pesto. Niente riso, please. Una birra gelata ( a Kigoma solo a temperatura ambiente e con sapore al limone). Un cannoncino, uno, del Rovagnati, con la sfoglia croccante e bruciacchiata. Un gelato fiordilatte e nocciola, bacio non c’era, degustato a Meda perché a Cabiate, cara Camilla, ancora non c’è una gelateria.
Ho masticato, triturato, deglutito il tutto piano piano. Rimurginato le assenze tanzaniane. Italia dei sapori, sei unica e ti amo.
Ah, devo ammettere che al Ristorante Cape Town di Zanzibar ho mangiato un antipasto di pesce, gamberetti freschi gratinati, veramente piattino super.
Tante cose vissute. La spiaggia di Nungwi. Lo sterrato per andare a Kahama. I rifugiati. Gli orfani. I ragazzi di Janda e Newman. Le assenze di noi e lei, la piccola, tatuata M. La Messa col regalo divino del perdono. La giornata con Ladislao sulle rive del lago Tanganika e le risate incessanti. Le due taxi-moto, please slow, i’ m a seventy year old. Gli estenuanti acquisti al mercato rionale con Kenneth e Yousef per le cene al Sanganiwa e alla scuola Newman. Scossoni sulle strade e paura per i miei reni coi calcoli di ossalato di calcio pronti a scendere dai calicetti. Una capra come regalo. I canti. Le vallate. Le persone che camminano ai cigli delle strade. La legna trasportata sulle biciclette. I sorrisi disarmanti e i malinconici silenzi. Il piacere di ricevere i messaggi dall’Italia che testimoniavano la vicinanza di alcuni di voi, che ringrazio davvero tanto. Il taglio dei capelli. La sete perpetua. Le suore premurose. La consolidata amicizia con Padre Evaristo. Il nascondersi del sole al tramonto dietro le nubi a forma di elefante.
Tanto vissuto. Tanto.
Ma la visita ai ragazzi del centro per diversamente abili vicino al Kabanga Hospital, con lo reclusione forzata degli albini e l’incontro con Janine, mi hanno veramente provocato una intensa commozione e evidenziato tutta la mia debolezza e impossibilità. I tuoi piedini. Schiaffo violento alla mia magnifica quotidianità.
“Batti batti le manine
che arriverà papà,
che porta i biscottini
ai poveri bambini
che stanno all’ospedale,
l’ospedale sta laggiù
dagli un calcio e buttalo giù.”
Buona Pasqua.
Maurizio
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rientro dalla tanzania 20 3 2023 |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Lunedì 20 Marzo 2023 13:15 |
Il Cairo, 19 marzo 2023.
Patrick:” Tutto è successo tre giorni fa. Ero in un villaggio a 25 Km. da Goma, cittadina della Repubblica democratica del Congo dove vivevo, per suonare con il gruppo folcloristico di cui faccio parte e verso le 23.30 ho ricevuto una telefonata di un mio vicino di casa. Mi diceva di non tornare e di scappare perchè erano arrivati i ribelli e sterminato tutta la mia famiglia, 27 persone”.
Chi mi parla è uno dei 680 profughi congolesi che hanno trovato rifugio provvisorio presso l’orfanotrofio Sanganiwa di Kigoma.
Non ci posso credere. Con un’aria smarrita mi ripete: “ Si, sono arrivati i ribelli a Goma e l’esercito regolare è fuggito, tutti disertori. Io e tutta la mia famiglia, composta da 28 persone, vivevamo in un gruppo di case una accanto all’altra. Hanno ucciso mia moglie e i miei due figli e tutti gli altri miei famigliari. Si, 27 persone. Punizione etnica. Sono solo. Non so dove mi trovo, ho solo quello che indosso, hanno incendiato tutte le nostre case. Ho vuoti di concentrazione, straparlo. Sono al limite della pazzia. È sofferenza pura non avere nulla, soprattutto se penso agli affetti che più mi erano cari”.
Insisto: “Ma sei proprio sicuro? Magari è una notizia che non risponde a verità”.
Patrick parla con voce bassa, in un buon inglese, un cappellino con visiera, una camicetta di cotone verdognola. Ha un tatuaggio con qualcosa di scritto alla base del collo.
“ Le nostre case erano alla prima periferia della città e sono state le prime ad essere attaccate. Ci sono le testimonianze di alcuni vicini ma anche delle riprese video che hanno trasmesso alla TV. Non so cosa farò. Sono disperato”.
Mi decido a guardarlo negli occhi. Sono buoni e venati con alcune strisce rosse di fatica. Ha 32 anni. Magro. Carnagione olivastra scura.
Ha preso una barca in Burundi seguendo un gruppo di rifugiati come lui, una sessantina, ed è arrivato a Kigoma, di cui non conosceva l’esistenza, e di notte hanno costeggiato il lago Tanganika per avere un riferimento visivo.
“ Lo so che non ti è permesso uscire da qui ma adesso chiedo una deroga e andiamo a prendere qualcosa per te”.
I rappresentanti della UNHCR tentennano, he can ‘t, ma poi, con le mie insistenze, yes.
Gli compro un paio di scarpe, una felpa, un dentifricio con spazzolino, una saponetta. Sceglie una sobria camicetta e mi chiede se può prendere dei biscotti e una bibita.
Il 27, da sempre il mio numero preferito dai tempi della prima volta nel 1981 a Las Vegas, comincio ad odiarlo. Mi frulla scavando nel mio cervello anche nella notte tribulata. 27. 27. 27. Antonella, Susanna e Luigi, nati il 27
. La prima cosa che faccio il giorno successivo, dopo una frugale colazione in Diocesi, è rivederlo.
Accenna un timido sorriso quando mi vede:
“Mi devono mandare delle fotografie da Goma ma non ho il cellulare. Posso dare il tuo numero?”
Ci appartiamo, accompagnati da sguardi sospettosi e insistenti. Scrive il mio numero su un foglietto.
“Potrebbero arrivarti le foto dei miei parenti…”.
Non è arrivato nulla nei due giorni successivi. Ho caricato con 5.000 scellini tanzaniani il cellulare di un operatore UNHCR che non aveva soldi per internet, ma la disponibilità ad aiutare Patrick. Nel lasciarci gli ho preso la spalla stringendola forte.
Anch’io non avere nulla da darti. L’impossibilità.
Ho lasciato la Tanzania, ma Kigoma è in me. Come Posadas. Giorni duri, ma anche un pomeriggio indimenticabile con padre Evaristo alla scuola Newman. Balli, scenette, discorsi; il massimo quando mi hanno fatto il regalo da mettere nella valigia, una capra, che dovevo imparare a mungere.
Ora sono al Cairo, al centro dei salesiani, dopo un viaggio con sveglia alle tre di notte.
Il Cairo. Palazzi, case e edifici spruzzati di color sabbia, come se si volesse riportare il deserto nelle visuali quotidiane. Clacson a manetta, insistenti e inutili, tic collettivo. Sporca. Il Nilo ampio e lento. Vie a tema: quella di mastodontici motori, vestiti e manichini, datteri, carne avvolta da teli bianchi. Inquinamento dell'aria 12 volte maggiore rispetto alle indicazioni della OMS. Le persone attraversano strade, viette, autostrade, viottoli, senza strisce pedonali e dove capita.
I tuc tuc possono andare contromano. I taxi non costano nulla. Bevanda preferita: il tè.
Vado al mercato Khan el-Khalili. Prendo un caffè in un bar che ricorda i film di Bogart e la Bergman e acquisto alcuni regalini per il noi. Traffico caotico in una città di sedici milioni di abitanti.
Circa seicento studenti nel complesso scolastico dei salesiani, molti frequentano il corso di lingua italiana.
Non ho la quotidianità e la vedrò lunedì.
Ho la pace nel mio Paese e la vedrò lunedì.
La causa della mia persistente gioia addosso c'è e la vedrò martedì.
Ho avuto il dono divino del perdono e l'ho già esercitato, non ho aspettato lunedì.
Ho ricordato ancora le bellissime pagine delle "Memorie di Adriano" sul sonno e non mi hanno aiutato ad addormentarmi e lo spero lunedì.
Ho avuto una delusione e da lunedì non cambierò atteggiamento nei confronti delle necessità altrui.
Ho fiducia nell'amore e sono sempre alla ricerca di quella risposta che lunedì non avrò.
Lunedì rivedrò la bellissima collina accanto a casa che non segna i giorni, ma le tappe della mia vita.
Loro 27 non ci sono più e Patrick non li vedrà lunedì.
Mai più, 27. 27. Ventisette. 27.
Maurizio
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Scritto da Maurizio Cazzaniga
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Domenica 19 Marzo 2023 18:27 |
Da Maurizio Cazzaniga
Il Cairo, 19 marzo 2023.
Patrick:” Tutto è successo tre giorni fa. Ero in un villaggio a 25 Km. da Goma, cittadina della Repubblica democratica del Congo dove vivevo, per suonare con il gruppo folcloristico di cui faccio parte e verso le 23.30 ho ricevuto una telefonata di un mio vicino di casa. Mi diceva di non tornare e di scappare perché erano arrivati i ribelli e sterminato tutta la mia famiglia, 27 persone”. Chi mi parla è uno dei 680 profughi congolesi che hanno trovato rifugio provvisorio presso l’orfanotrofio Sanganiwa di Kigoma.
Non ci posso credere. Con un’aria smarrita mi ripete: “Si, sono arrivati i ribelli a Goma e l’esercito regolare è fuggito, tutti disertori. Io e tutta la mia famiglia, composta da 28 persone, vivevamo in un gruppo di case una accanto all’altra. Hanno ucciso mia moglie e i miei due figli e tutti gli altri miei famigliari. Si, 27 persone. Punizione etnica. Sono solo. Non so dove mi trovo, ho solo quello che indosso, hanno incendiato tutte le nostre case. Ho vuoti di concentrazione, straparlo. Sono al limite della pazzia. È sofferenza pura non avere nulla, soprattutto se penso agli affetti che più mi erano cari”.
Insisto: “Ma sei proprio sicuro? Magari è una notizia che non risponde a verità”.
Patrick parla con voce bassa, in un buon inglese, un cappellino con visiera, una camicetta di cotone verdognola. Ha un tatuaggio con qualcosa di scritto alla base del collo. “Le nostre case erano alla prima periferia della città e sono state le prime ad essere attaccate. Ci sono le testimonianze di alcuni vicini ma anche delle riprese video che hanno trasmesso alla TV. Non so cosa farò. Sono disperato”. Mi decido a guardarlo negli occhi. Sono buoni e venati con alcune strisce rosse di fatica. Ha 32 anni. Magro. Carnagione olivastra scura.
Ha preso una barca in Burundi seguendo un gruppo di rifugiati come lui, una sessantina, ed è arrivato a Kigoma, di cui non conosceva l’esistenza, e di notte hanno costeggiato il lago Tanganika per avere un riferimento visivo.
“Lo so che non ti è permesso uscire da qui ma adesso chiedo una deroga e andiamo a prendere qualcosa per te”. I rappresentanti della UNHCR tentennano, he can ‘t, ma poi, con le mie insistenze, yes.
Gli compro un paio di scarpe, una felpa, un dentifricio con spazzolino, una saponetta. Sceglie una sobria camicetta e mi chiede se può prendere dei biscotti e una bibita. Il 27, da sempre il mio numero preferito dai tempi della prima volta nel 1981 a Las Vegas, comincio ad odiarlo. Mi frulla scavando nel mio cervello anche nella notte tribulata. 27. 27. 27. Antonella, Susanna e Luigi, nati il 27. La prima cosa che faccio il giorno successivo, dopo una frugale colazione in Diocesi, è rivederlo. Accenna un timido sorriso quando mi vede: “Mi devono mandare delle fotografie da Goma ma non ho il cellulare. Posso dare il tuo numero?”
Ci appartiamo, accompagnati da sguardi sospettosi e insistenti. Scrive il mio numero su un foglietto.
“Potrebbero arrivarti le foto dei miei parenti…”.
Non è arrivato nulla nei due giorni successivi. Ho caricato con 5.000 scellini tanzaniani il cellulare di un operatore UNHCR che non aveva soldi per internet, ma la disponibilità ad aiutare Patrick. Nel lasciarci gli ho preso la spalla stringendola forte.
Anch’io non avere nulla da darti. L’impossibilità.
Ho lasciato la Tanzania, ma Kigoma è in me. Come Posadas. Giorni duri, ma anche un pomeriggio indimenticabile con padre Evaristo alla scuola Newman. Balli, scenette, discorsi; il massimo quando mi hanno fatto il regalo da mettere nella valigia, una capra, che dovevo imparare a mungere. Ora sono al Cairo, al centro dei salesiani, dopo un viaggio con sveglia alle tre di notte.
Il Cairo. Palazzi, case e edifici spruzzati di color sabbia, come se si volesse riportare il deserto nelle visuali quotidiane. Clacson a manetta, insistenti e inutili, tic collettivo. Sporca. Il Nilo ampio e lento. Vie a tema: quella di mastodontici motori, vestiti e manichini, datteri, carne avvolta da teli bianchi. Inquinamento dell'aria 12 volte maggiore rispetto alle indicazioni della OMS. Le persone attraversano strade, viette, autostrade, viottoli, senza strisce pedonali e dove capita.
I tuc tuc possono andare contromano. I taxi non costano nulla. Bevanda preferita: il tè.
Vado al mercato Khan el-Khalili. Prendo un caffè in un bar che ricorda i film di Bogart e la Bergman e acquisto alcuni regalini per il noi. Traffico caotico in una città di sedici milioni di abitanti.
Circa seicento studenti nel complesso scolastico dei salesiani, molti frequentano il corso di lingua italiana. Non ho la quotidianità e la vedrò lunedì. Ho la pace nel mio Paese e la vedrò lunedì. La causa della mia persistente gioia addosso c'è e la vedrò martedì.
Ho avuto il dono divino del perdono e l'ho già esercitato, non ho aspettato lunedì.
Ho ricordato ancora le bellissime pagine delle "Memorie di Adriano" sul sonno e non mi hanno aiutato ad addormentarmi e lo spero lunedì.
Ho avuto una delusione e da lunedì non cambierò atteggiamento nei confronti delle necessità altrui.
Ho fiducia nell'amore e sono sempre alla ricerca di quella risposta che lunedì non avrò.
Lunedì rivedrò la bellissima collina accanto a casa che non segna i giorni, ma le tappe della mia vita.
Loro 27 non ci sono più e Patrick non li vedrà lunedì.
Mai più, 27. 27. Ventisette. 27.
Maurizio |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Sabato 11 Marzo 2023 19:18 |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Sabato 11 Marzo 2023 19:15 |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Sabato 11 Marzo 2023 19:10 |
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Scritto da Maurizio Cazzaniga
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Lunedì 06 Marzo 2023 19:14 |
Da Maurizio Cazzaniga
La gioia addosso.
Kigoma. Quarta volta qui. Incontro volti familiari. Baba Ascofu Mlola, il Vescovo carismatico. Padre Evaristo, di recente nominato Vicario della Diocesi e grande collaboratore di Punto a Capo con cui abbiamo realizzato opere importanti a Janda: il pozzo che sta erogando acqua a 500 persone; la biblioteca, le aule, gli infissi dei dormitori e la sistemazione dei percorsi interni nella scuola St. Mathias; il corso di cucito e tanti altri piccoli interventi. Inizieremo con lui, affidabile e concreto, la nuova sfida progettuale alla Scuola Newman di Kigoma dove è stato trasferito e diventato responsabile.
E poi Ladislao, che non metaforicamente, quando mi ha visto, non ha nascosto la sua contentezza e ha cominciato a saltare ripetendo il mio nome. Esperius, Kenneth, Achille, Emanuel, Franco. Ma anche il negoziante indiano di biscotti e il piccoletto dove compro gli adorati palloni per calcio e netball, che mai mi fa uno sconto.
La mia prima Messa è il giorno del perdono evangelico. Bisogna saper utilizzare questo dono divino del perdonare. Lo utilizzerò. Mi ha fatto riflettere. Il perdonarmi sarà un ulteriore passo.
Prima notte: ore 2.15. Un abbaiare improvviso di cani mi sveglia di soprassalto. Cerco di chiudere bene le finestre. Nessun risultato. Tappi alle orecchie, Insufficienti. E poi anche i gatti e ci mancava l’imam alle 5 spaccate. Notte semi bianca.
La mattina, mezzo rintronato: “Caro Vescovo, le tue parole sono state di insegnamento. Ma questi cani non li perdono. Mi puoi cambiare di stanza?”. Fatto.
Poi subito il tremendo viaggio a Kahama per incontrare Christofer, nominato da Papa Francesco nel passato settembre Vescovo di questa Diocesi. 520 km. in auto, di cui 200 di strada sterrata. Un incubo. Ma incontrare Christofer è stata una promessa mantenuta ed un piacere abbracciarlo. Persona buona, semplice, rispettosa.
Nel viaggio creste di gallina, stop and go, benzinaio che conta i soldi infilando il dito in bocca ogni 10 pezzi in cerca di aiuto salivare, biscotti e arachidi, cuscino salvifico per i miei reni, CD di canzoni ecclesiastiche, acqua torrenziale e subito dopo sole, camion ribaltato, cinesi all’opera per asfaltare, vallate verdi, tantissima gente che cammina ai cigli delle strade.
Kahama è inespressiva. Molti minerali in zona estratti e controllati dalle multinazionali.
Visito una scuola elementare. Canti di benvenuto. Piccoli regali. Le bolle di sapone sono sorprendenti e scatenano i piccoli che cercano di afferrarle. Asante sana. Grazie a voi per il felice momento.
Il Parroco della Cattedrale è Don Salvatore, di Catania, da 22 anni in Tanzania. Passato burrascoso e decisione drastica di cambiare vita. L'abbiamo aiutato per l’acquisto delle divise scolastiche di 10 alunni.
Giorni intensi dove il viaggiare e la frenesia mi hanno tolto la bellezza del pensare che invece la quiete e il raccoglimento dello scrivere mi aiutano a ritrovare oggi, domenica sera, ore 18.47. Sono quindi nella mia nuova sobria cameretta dove purtroppo l’abbaiare è stato sostituito dal frinire delle cicale. Lenin scrisse: “Che fare?”. Nessuna rivoluzione, Maurizio, please. Smettono verso le 20.30 e tra poco devi cenare. Non fare il difficile.
Giornata con gli orfani del Sanganiwa -una quarantina- con difficili problemi di abbandono. Pranzo e allegria. Premi dopo una prova di matematica. Bambina di 13 anni violentata dal padre che ha ricevuto da me per la prima volta nella sua vita un regalo. Testa rapata a zero. Occhi tristi. E un lampo quando gli dono una bambolina. Questi centesimi di secondo di luce sorridente che hanno la forza quantistica di trasportarmi qui e prima a Posadas. Una frazione che definisce l'universo. L'evoluzione. Il bang umano.
Persiste, in questo mio periodo, una sensazione che non mi abbandona mai: la gioia addosso.
Tatuata, imprigionata, sfrontata.
Proprio nel mio profondo.
Procuratami da te, mia piccola Margherita.
Ci sei. Sei venuta tra noi.
Adoro quando corriamo assieme nel prato o attorno al tavolo di casa.
Correre.
Assieme.
Ti bacio, fiore della mia vita.
Maurizio |
dalla tanzania 12-03-2023 |
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Scritto da ARNALDO PAGANI
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Domenica 05 Marzo 2023 18:06 |
Kigoma, 12 marzo 2023.
Sono andato su un colle e mi sono seduto di fronte a te, sole di tramonto africano. Oscurato da nubi squarciate da raggi bianchi che veloci hanno invaso il Tanganika, immobile nella sua vastità. All’orizzonte una linea fine: il Congo.
La riflessione davanti alla potenza della natura e alle sue molteplici diversità.
Accantono le passioni, quelle che ti portano solo la tristezza delle loro futilità e ti ipnotizzano. Cerco la libertà nel distanziarle, alle volte senza riuscirci, per trovare le cause reali delle mie azioni.
Perchè sono a Kigoma?? Perchè?
Per capire il senso delle diversità. Per aiutare chi è anche inconsapevolmente povero. Per dare un briciolo di speranza. Per fare introspezione. Per distanziarmi dal benessere e affrontare sconosciuti disagi. Per valorizzare la mia attuale salute fisica, quella mentale è già out da un bel pezzo. Lol
Avere momenti di pensiero. Agire e trovare il tempo per fermarmi a pensare. Scrivere.
Atti concreti: forse troppi.
Visitata la scuola tecnica di Kasulu. Un disastro.
Apprezzato il buon andamento dei corsi di cucito a Janda e Kasanghezi.
Catechisti e scuola secondaria a Kasulu con Padre Gaudius.
Incontrati i bambini della Mlola School e rincorso con loro le bolle di sapone tra canti e frenesia. Felicità.
Organizzato un incontro di calcio tra Scuola Newman di Kigoma e i ragazzi della Saint Mathias School di Janda con relativo pranzo che abbiamo offerto come Punto a Capo ( 240 euro per 190 persone). Per la cronaca Janda ha vinto 3 a 0. Poi dibattito: scienza e tecnologia aiutano lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo? Argomento interessante gestito in malo modo e trasformatosi in quasi rissa.
Asilo di Kasulu: una bambina ha uno zainetto a tracolla. Una immagine: Peppa Pig. Lei.
Visito un centro per disabili vicino all’ospedale Kabanga, previa autorizzazione. Sono Mzungu, bianco europeo. Lo scorso anno un benvenuto davvero speciale da parte di una bambina. La voglio assolutamente rivedere. Mah, forse, no, sì. Individuata. Janina. Vede solo ombre. Regali italiani. Sorride. Mi disarma. Rimpicciolisco.
Vengono radunati in un locale disadorno tutti i ragazzi diversamente abili, un centinaio.
Il Responabile del centro inizia un discorso in Swahili e fa alzare la mano ai ciechi, poi coi segni i sordi…. Lo interrompo bruscamente: “ Please, don’t. Non voglio sapere le loro diversità fisiche. Non continuare! Sono solo esseri umani diversi e che hanno bisogno di aiuto. Rendiamoli solo un pò felici con i doni che ho per loro: chupa chups, biscotti, bibite, creme solari per i numerosi albini con la pelle color della luna e occhi sognanti.
Voglio toccare il dolore. Mi faccio portare una bacinella d’acqua e lavo i piedi ad un bambino su una carrozzina. La mia commozione è visibile e contagiosa. Padre Evaristo è scosso. Tocco i suoi piedini e vorrei avere il potere di cambiare il suo destino. Non posso. Lo accarezzo e ora -mentre scrivo- mi commuovo ancora. Lo accarezzo. Lo guardo negli occhi. Non vedo lampi, solo rassegnazione. Non sorride. Non sorrido. Nessuno sorride.
È planato un malinconico silenzio. Quello del vero dolore.
Addio, o forse arrivederci, cari ragazzi. Vi penserò.
I miei pranzi e cene hanno un cibo dominante: il pollo. Sempre e ovunque. Tanti pezzi, non come al mercato del giovedì a Meda dove ci sono solo o polli interi o cosce superormonate. Coscette nervose, scattanti. Il fegato è per l'ospite, quindi avanti con le interiora. Penso che alla fine di questa missione umanitaria avrò fatto fuori un intero pollaio. Lorena, ho voglia di gorgonzola, il Gim, quello con la goccia.
Richieste di aiuto per due orfani del Sanganiwa da parte di Kenneth, ormai davvero amico e Responsabile dell' orfanotrofio. Ha bisogno di due borse di studio per un anno: 400 euro l'una. Se volete potete aiutarli con una donazione specifica a Punto a Capo mettendo: borse di studio orfani Sanganiwa. Vi ringrazio.
Oggi il cielo è plumbeo. Ed è domenica.
Mi aspettano questo pomeriggio alla scuola Newman. Messa, festa assieme e cena. Forse mio gesto rivoluzionario. Vedrò se riesco.
In questa settimana trascorsa ho provato vari stati d'animo.
I diritti umani sono una metà da perseguire.
Mi sono scontrato col dolore e la felicità.
Tornerò da questo viaggio.
Sarò loro.
Maurizio
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